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La necessità di avere la poesia come testimonianza non potrà mai avere fine. Essa è lo specchio della società in cui la poesia stessa vive, sussulta e rigurgita le mancanze di questa società, priva ormai d'ogni sua identità, che sta avviandosi alla deriva senza rendersene conto. Ed è proprio questo "non rendersi conto" del proprio fallimento che genera una umanità che non ha più nulla da dire né da dare, se non riproporre le intrinseche contraddizioni d'un vuoto a perdere. Il vuoto in sé non è un luogo astratto, in effetti è l'opposto contrario, è concretezza: se una città è vuota non significa che essa non c'è, ma significa qualcosa di molto peggio, è un'assenza, ferma nel tempo e nello spazio, che spera solo d'essere riempita; come non si sa, poiché ormai non si aspetta più nessuno, è come se la città si fosse perduta nel deserto e ricoperta dalla sua stessa sabbia.